sabato 25 giugno 2011

Castello








La salita a Serle è già una esperienza di per sé. Strada stretta, tornanti e vista sulle cave di marmo e sulla folta vegetazione che circonda i piccoli abitati. Lo storico locale “Castello” si trova proprio lungo la strada e non ci si può sbagliare.

Le stanze del locale mescolano modernità e contemporaneità: tra arredi e dettagli anni ’50 e ’60 si distinguono gli interventi più recenti. Molto bella e accogliente l’ultima sala sulla destra, dove una delle pareti apre, attraverso una vetrata, su una splendida e ricca cantina.

Il servizio è cordiale ed efficiente; il menù, non troppo vario, è quello della tradizione, ma qui ci si viene soprattutto per assaggiare il tipico spiedo valsabbino, che resta il piatto clou del “Castello”.

Partiamo con i casoncelli al bagòss: buona pasta ripiena nella quale però non spicca troppo il sapore e l’aroma di questo vaccino locale, presidio Slow Food.

Assaggiamo anche una buona zuppa di cipolle.

Ma poi è il momento dello Spiedo Valsabbino: ci portano abbondanti piatti di carne alla griglia con maiale, coniglio e pollo. A parte, ecco gli attesi uccelletti: certo, sentire le piccole ossa rompersi in bocca può essere una strana sensazione, ma il sapore non è male e neppure troppo selvatico come ci si poteva aspettare.

Nel complesso la carne è forse un pò troppo unta, ma non troppo cotta come poteva far immaginare l’aspetto esteriore.

Lo spiedo viene servito assieme a polenta di tre farine (Storo, mais e grano) e da patate arrosto di buona fattura.

Chiudiamo con un deludente gelato alla crema.

Con il primo abbiamo bevuto un Franciacorta Satèn 2006 Cantina Contadi Castaldi di Adro (uve Chardonnay); con il secondo un Ulivi 2007 della Cantina Noventa di Botticino (con uve barbera, marzemino, sangiovese e schiava gentile): entrambi buoni e provenienti da cantine della zona.

Spendiamo 45 euro, un po’ troppi.

Lo spiedo è sicuramente una esperienza da fare, anche per i più timorosi.

Voto:

Castello, via Castello 38, Serle (Brescia), tel. 030-6910001

giovedì 9 giugno 2011

La Gramola












Lo si trova al centro del paese, lungo una delle strade principali che sale alla piazza. Il locale è accogliente e ben arredato; oltre agli spazi chiusi è disponibile anche un invitante bersò estivo.

Il servizio è preciso e cortese, senza fronzoli.

La presenza di avventori inglesi e americani è testimonianza del successo de La gramola che nel menù cerca di mantenersi fedele alle tradizioni locali: ampia scelta di antipasti, primi, secondi e dolci; anche la carta dei vini è particolarmente ricca.

C’è voglia di carne e andiamo direttamente ai secondi.

Assaggiamo una tagliata di manzo con pecorino toscano e la accompagniamo con verdure grigliate: la carne ha un buon sapore in bocca ma risulta un po’ troppo nervosa, il formaggio si perde; le verdure sono ottime (dolcissimi i pomodori e le cipolle, molto saporite le zucchine, buoni i radicchi).

Poi un galletto con zucchine, pomodori glassati e borraggine che abbiniamo invece alle spinaci saltate: la carne è strepitosa (saporita, tenera ottimamente cotta) e le verdure piacevoli (la borraggine, che si coglie nel mese di maggio, è decisa e particolare, le spinaci dal sapore esaltante nonostante siano poco condite – o forse proprio per questo - , i pomodori dolcissimi).

Chiudiamo con due dolci caldi: un gratin di fragole meringate con zabaione al moscato (non leggerissimo) e un gelato al forno al cioccolato (in realtà poco gelato e molto budino).

Abbiamo accompagnato con un chianti sfuso, proveniente dall’azienda agricola Poggio al Chiuso.

Per due secondi, due contorni e due dolci spendiamo circa 30 euro a testa: forse c’è un paio di euro di troppo.

Cura e precisione, senza eccessi, ma da consigliare.

Voto: 7+

La Gramola, via delle Fonti 1, Tavarnelle Val di Pesa (Firenze), tel. 055-8050321

lunedì 6 giugno 2011

L’Arcaden










È un classico, se si sta salendo a Cervinia o si visita il forte di Bard. Senza tante pretese, con un menù che è sempre uguale a se stesso e un servizio ridotto all’essenziale.

Siamo a due passi dal paese del lardo valdostano (Arnad), ai piedi di una parete per appassionati scalatori e lungo sentieri per km in mountain bike. Ci si ferma qui, a l’Arcaden, per un veloce ristoro a buon prezzo (14 euro).

Si parte con una selezioni di salumi: lardo di Arnad, capra cotta, mocetta, sanguinaccio, salame d’asino, salame di suino (apprezziamo in particolare i sapori decisi dell’asino e del sanguinaccio, ma devono piacere…).

In tavola ci sono anche e cipolline, tomino in agrodolce, peperoni con bagna caoda e una selezione di formaggi misti (tra i quali una fontina e una buona ricotta aromatizzata con peperoncino e semi di finocchio), patate e cotechino.

Poi seguono due zuppe: la prima di orzo e la seconda di castagne (quest’ultima non male perché non troppo dolce).

Beviamo un dignitoso Cabernet sfuso.

Per una veloce sosta o per chi è di passaggio.

Voto: 6+

L’Arcaden, località Champagnolaz, 1, Arnad (Aosta), tel. 0125-966928

giovedì 2 giugno 2011

Antipastoteca di mare alla voliga










Si sale al colle di San Giusto che, con la sua fortezza e la sua chiesa, domina la città triestina: qui in una anonima strada, in un anonimo palazzo ecco l’Antipastoteca.

Entrando ci si ritrova negli anni ’70, in una classica osteria di pesce nei pressi di un porto e, per quanto riguarda gli arredi, al limite (anzi, forse, un po’ oltre) del trash: reti da pesca appese alle pareti, paperelle come decori, tende con i pesci, ritagli di giornali un po’ gossippari alle pareti. Ma ha il suo fascino.

Il servizio è essenziale e senza formalismi. Il menù legato al pescato del giorno, con pochi piatti.

Cominciamo con la serie di antipasti: spuma di merluzzo, schie, orzo con polpetti, insalata russa, calamari con canellini e olive, polpo e patate, cozze gratinate. E anche tre tipi di sarde: in saor, salate e marinate al basilico. Ad accompagnare polenta e pane abbrustolito all’aglio.

Le porzioni sono ricche, i sapori molto gustosi, il pesce fresco e ben cucinato.

Assaggiamo anche un primo: oneste penne al salmone senza infamia e senza lode (la pasta non è fatta in casa e il sugo non eccelle).

Meglio il secondo: i calamari ai ferri con polenta sono buoni e ben cotti (solo la polenta resta forse un po’ anonima).

Abbiamo bevuto un bianco sfuso che accompagna degnamente i piatti.

Alla fine si spende anche il giusto (poco più di 25 euro a persona) con anche un buon caffè per chiudere.

Buon pesce in chiave trash.

Voto: 6/7

Antipastoteca di mare alla voliga, via della fornace 1, Trieste, tel. 040-309606.

martedì 31 maggio 2011

da Pepi









Come da tradizione a Trieste ecco i buffet, storici locali dove vengono serviti a pranzo (e per tutto il giorno fino alla prima serata) vari bolliti, cotti sul momento.

Tra i locali più tipici e storici c’è proprio “Pepi” nella centralissima via Cassa di Risparmio: il locale è senza troppe pretese, il servizio rapido e cortese. Ci si può accomodare anche lungo la strada.

Ordiniamo ovviamente la porzina, ossia il misto con lingua salmistrata, pancetta, orecchie, musetto e zampetti: la selezione dei tagli sembra buona (ma devo ammettere che per alcuni di essi era la mia prima volta). C’è anche un assaggio di un morbido cotechino e per chi vuole arricchire ulteriormente i sapori c’è la senape.

Il tutto è accompagnato da deliziosi crauti e pane di segale.

Assaggiamo anche un paio di bicchieri di Terrano sfuso della casa.

Altro che fast food. Per un anomalo bollito anche a merenda (o a colazione).

Voto:

Da Pepi, via Cassa di Risparmio 3, Trieste, tel. 040-366858


sabato 23 aprile 2011

Ristorante Al Cavallino Bianco










In altri periodi (autunno, per esempio) è forse ancora più affascinante scendere nella bassa parmense. Ma anche in una soleggiata domenica di aprile è suggestivo attraversare i vasti e piani territori tra Colorno e Zibello, dove si alternano campi a perdita d’occhio e piccoli abitati, ormai desolantemente quasi abbandonati. È questo il percorso per giungere sugli argini del Po, dove si trova Polesine Parmense e il ristorante “Al Cavallino Bianco”. Guidato e gestito dalla famiglia Spigaroli è da tempo ormai un ritrovo classico per gustare i sapori del territorio e, negli ultimi anni, al centro di una notevole campagna promozionale che gli ha dato particolare visibilità.

Proprio a ridosso del grande Fiume, la struttura racchiude eleganza e storicità: c’è la volontà da parte del personale di dimostrarsi cortese ed efficiente fin dall’inizio. Il servizio però non ha ancora completato il salto di qualità e così anche lo spazio: troppo rumoroso e affollato per essere di classe superiore.

Il menù è importante: una vasta scelta (sia di piatti che nella carta dei vini), ricette tradizionali e più innovative e una serie di menù completi (“L’evoluzione del territorio”, “di Giovannino Guareschi e Giuseppe Verdi”, etc…) che consentono di assaggiare diverse portate.

Tra questi, optiamo per il Menù del Buon Ricordo.

Ci portano una ouverture con strudel di patate e culatello e una tartina con la spuma di parmigiano e ricotta (deliziosi entrambi) accompagnati da un bicchiere di Tamburen (un rosato brillante di loro produzione).

Poi si parte con il menù: ecco il culatello con tutti gli altri salumi di loro produzione. Troppo stagionati sia la mariola che lo strologhino, mentre risultano ottimo il lardo e buono il culatello. Discreti la coppa e la pancetta.

Come primo il Risotto con pesce gatto, gamberi e rosmarino fa una buonissima figura: piacevole l’aroma in bocca, buona la cottura del chicco, forse un po’ troppo liquido (il rosmarino però uccideva molto il sapore del pesce gatto). Abbiamo assaggiato anche i Ravioli con il ripiena di coniglio: ottimi.

Strepitoso il secondo: la suprema di cappone di Giuseppe Verdi. Carne tenerissima, cotta benissimo e con un sapore pieno. Questa ce la si ricorderà per un po’…

Il dessert: scegliamo il Tortino di mele con semi di papavero, gelato alla crema e anice stellato. Buono.

Abbiamo accompagnato con una piacevole Fortana del Taro, dell’Antica Corte Pallavicina, ossia l’altra proprietà degli Spigaroli.

Alla fine spendiamo 65 euro a testa.

Intenzioni e volontà sono da grande ristorante, ma ci sono ancora mancanze (servizio e atmosfera), nonostante la qualità sia buona.

Voto: 7 ½

Ristorante Al Cavallino Bianco, via Sbrisi 2, 43010 Polesine Parmense (Parma), tel. 0524-96136


lunedì 14 marzo 2011

Locanda Mariella

La Mariella è ormai da qualche anno una istituzione nel panorama gastronomico parmense: giudizio positivo quasi unanime da parte delle Guide, soddisfazione pressoché generale da chi accetta il consiglio.

Si sale verso Calestano, per poi abbandonare la strada principale e raggiungere il piccolo abitato di Fragnolo: qui, il bar ritrovo del paese è diventato un approdo sicuro per gli amanti del tartufo e, soprattutto, per chi si intende di vino.







All’ingresso c’è ancora il vecchio bancone e chi gioca a carte nei tavolini. Ma le stanze dove ci si accomoda sono state risistemate, perdendo a volte la semplicità della struttura originaria (il tavolo a noi riservato è in una piccola stanza dal gusto contemporaneo, ma poco autentico). Il servizio fin da subito lascia trasparire cordialità e professionalità. Il menù è vario (piatti della tradizione e proposte più innovative) e arricchito ulteriormente da quello del giorno.

Partiamo dagli antipasti che abbiniamo ad uno Spumante Valentino Brut “Riserva Elena” del Podere Rocche dei Manzoni di Monforte d’Alba (strepitoso al naso e nella sua vivacità). Un grande classico: la polentina tenera con fonduta di formaggi e tartufo nero (anche se marzo non è certo il periodo migliore per il tartufo, la consistenza di polenta e fonduta e l’abbinamento dei loro sapori è sempre ottimo). Poi assaggiamo un delicato involtino di verza ripieno di magro, una buona Culaccia e un discreto prosciutto crudo 30 mesi; segnalazione particolare anche per la Mortadella in vescica naturale con pistacchi (selezione Real Group).

Come primo, un assaggio di tortelli di patate alla parmigiana: buona la pasta, ma forse non eccelso il ripieno. Nel frattempo iniziamo a bere un Barbaresco dei Produttori di Barbaresco (2005) capace di riempire il palato come solo certi vini piemontesi sanno fare.

Tra i secondi ordiniamo un ottimo Carrè di maialino da latte al forno con cotenna: carne rosa, morbidissima ed estremamente gustosa. Buona anche la Tagliata di fassona piemontese con sale grosso del Galles e olio extravergine (speciali anche le patate arrosto di accompagnamento).

Decidiamo di far anticipare ai dolci un assaggio di Comte, formaggio francese vaccino a latte crudo: semplicemente superbo. Lo accompagniamo con un memorabile Barolo Rinaldo di Giuseppe Rinaldi del 2005.

E poi i dolci: Bavarese con amarene cotte (niente di eccezionale) e Prugne cotte tiepide al vino rosso con gelato (buona, ma nulla di trascendentale).

Chiudiamo con una ottima Malvasia Passita il Negrese del 2009 (profumatissima e delicata).

I 40 euro del conto finale risultano più che onesti, in relazione alla qualità del mangiato e del bevuto.

Si percepisce la ricerca delle materie prime e la cura nella preparazione dei piatti, mentre è magistrale la selezione dei vini.

Una ottima sinfonia per il palato.

Voto: 8½

Locanda Mariella, Frazione Fragnolo, Calestano (Parma), tel. 0525-52102

sabato 5 marzo 2011

Trattoria Tarasconi

Lo è per me che ci sono andato fin da bambino, ma penso lo sia anche per tutti quelli che vanno per la prima volta: entrando da Tarasconi sembra davvero di andare a mangiare a casa loro. Ci si ferma lungo la strada che porta a Vetto, si salgono due gradini e si entra in due piccole stanze arredate con oggetti vecchi, un po’ di fiori e qualche foto alle pareti.

La più bella delle due è sicuramente la seconda con un bancone da bar “come una volta” e tre o quattro tavoli per una dozzina di persone. A servire e cucinare ci sono loro, la famiglia Tarasconi appunto: con semplicità e un po’ di ingenua leggerezza, la cortesia non manca.

Il menù è raccontato a voce ma è classico, della tradizione e non varia quasi mai.

Si parte con un antipasto di salumi misti (prosciutto crudo, coppa, salame e cicciolata): discreti nel complesso e con la cicciolata che risulta essere la migliore.

Ordiniamo poi il risotto al tartufo, solitamente uno dei piatti migliori e frutto della raccolta annuale del proprietario. L’ultima volta è risultato un meno cremoso e carico di sapore del solito: è stato meglio in altre occasioni.

Discreto anche il tris di tortelli: zucca (dolci al punto giusto, ma forse un po’ troppo conditi di burro), erbette (buono il ripieno) e castagne (insoliti).

Ci sta anche un assaggio di anolini in brodo con un ottimo brodo dal colore giallo carico, ma con poco ripieno.

Come secondo optiamo per un misto: un classico cotechino e purè (buona la carne, delicato il contorno), un coniglio alla cacciatora ormai introvabile nei ristoranti e nelle trattorie, un buon arrosto di spalla e delle ottime patate arrosto.

I dolci si limitano ad un assaggio di torte fatte in casa, ma tutte meritano attenzione e rispetto.

Anche il vino non offre alternative: bianco (malvasia e consigliamo quella dolce per i dolci) e rosso (lambrusco). Rigorosamente fatto in casa.

Spendiamo 30 euro a testa. L’atmosfera è il suo forte, la genuinità un carattere distintivo: ideale per una sosta rilassante senza troppe pretese, ma con calore.

Familiare.

Voto: 6 ½

Trattoria Tarasconi, Località Paderna, 377, Neviano degli Arduini (Parma), tel. 0521-843128


mercoledì 2 marzo 2011

Ristorante Mosaiko

Mangiare buon pesce a Parma non è facile. Mangiarlo in ricette inconsuete e ricercate è quasi impossibile. Sembrerebbe fare eccezione il ristorante Mosaiko, da alcuni anni una nuova certezza dell’Oltretorrente.

In un borgo laterale, all’interno di un piccolo spazio a pianterreno entrandoci dopo aver superato una anonima porta a vetri, ecco questa anomalia dell’offerta gastronomica parmigiana.

L’atmosfera è informale, gli ambienti semplici con dominanza di tinte pastello; il servizio, fin dalla ordinazione, si dimostra cortese ed efficiente.

Nel menù, come anticipato, dominano i piatti di pesce rivisti secondo un particolare connubio frutto delle origine dei due gestori: lei giapponese, lui napoletano.

Una volta seduti ci portano un assaggio del loro pesto ligure (molto delicato e cremoso) da spalmare sul pane; e poi, come entrée, una discreta mousse di zucca con crema di parmigiano e aceto balsamico. Quindi si passa alla vera e propria ordinazione.

Due antipasti. Un’insalata di calamari alle nocciole e mandarino con involtino di gamberi croccante e crema di funghi (unione di sapori solo all’apparenza contrastanti, ma che invece si esaltano bene a vicenda: le nocciole e la crema risultano deliziosi). Un sashimi scottato di orata, branzino e salmone con lime e salsa soya (ottimi tutti e tre i pesci, la salsa uccide forse un po’ troppo gli altri sapori).

Due secondi. Una tagliata di spada con tegamino di seppie e carciofi alle olive nere (ottima nell’articolato sistema di gusti) e una grigliata d’orata farcita ai gamberi con cous-cous alle verdure e jogurt greco (ancora una volta molto buono il pesce, delizioso anche il cous-cous, forse un po’ aggressivo lo jougurt).

Due dolci. Millefoglie con frutta fresca e crema alla vaniglia, Crostatina tiepida al cioccolato con creme brûle allo zenzero: entrambi buoni.

Abbiamo bevuto un non entusiasmante vino friulano Vinnae (ribolla, tocai, riesling) delle Cantine Jermann.

Bella presentazione dei piatti: c’è cura e rispetto per gli ingredienti. Alla fine spendiamo 47 euro a persona, ma soddisfatti e ampiamente sfamati.

Piacevole anomalia.

Voto: 7 ½

Ristorante Mosaiko, Borgo Marodolo 8A, Parma, tel. 0521-289794


mercoledì 8 dicembre 2010

Osteria di Rubbiara









Ci si arriva perdendosi. Si, o quanto meno quella è l’impressione. Rubbiara è un piccolo abitato di poche case, nella bassa modenese: una di queste ospita, da sempre, l’Osteria di Rubbiara, gestita da sei generazioni dalla famiglia Pedroni.

Si respira il clima del tempo andato fin dai primi passi all’interno del locale: ingresso sobrio, bancone del bar, prodotti a marchio proprio in esposizione, una vecchia cabina telefonica. Dopo aver rispettato l’obbligo di spegnere i cellulari e depositarli in una apposita cassettina in legno si entra nella prima delle tre piccole sale da pranzo. Travi in legno, vecchie foto e diplomi (riconoscimenti per la grappa che qui si produce), pochi tavoli che creano un’atmosfera raccolta e familiare.

Ci accoglie Italo, modi burberi ma genuini: ci informa che il menù il fine settimana è fisso ed il medesimo da 30 anni.

Si parte con un abbondante piatto di tortellini in brodo: la pasta è correttamente dura, il ripieno delicato ma è il brodo ad essere semplicemente strepitoso. Il secondo primo sono gli stricchetti al ragù: la pasta, ovviamente fatta in casa, si conferma molto buona e il condimento superlativo. Il ragù è un concentrato di ricchi sapori che si scioglie dolcemente in bocca: è in prevalenza carne di maiale (dalla salsiccia al prosciutto) con un 30% di manzo.

Arrivano i secondi: arrosti misti con patate arrosto. Cotto benissimo e molto tenero il petto di faraona, veramente succulenti le costine di maiale, buona anche la fettina di maiale. E poi il pollo al lambrusco con cipolline all’aceto balsamico: la carne è avvolta da una piacevole glassa prodotta dalla cottura nel vino che regala alla bocca un piacevole sapore.

Il dolce è un assaggio di torte: ricotta (ottima), tagliatelle (in cui si riconoscono le noci), Pan di Natale, crostata di prugne e schiumetti alle nocciole. Il tutto è accompagnato da una selezioni di liquori prodotti in casa: proviamo un deciso Nocino, un liquore alle ortiche e una grappa.

Il menù comprende anche il vino, un classico Lambrusco Emilia prodotto sempre dall’azienda Pedroni.

Si spendono 35 euro onesti.

Un viaggio nei sapori (veri) e nel tempo (andato) di grande soddisfazione.

Voto: 8+

Osteria di Rubbiara, via Risaia 2, Rubbiara di Nonantola (Modena), tel. 059-549019


domenica 28 novembre 2010

Ristorante Colibrì










Ospitato in un casolare recentemente ristrutturato, il ristorante Colibrì si trova poco fuori l’abitato di Traversetolo (Parma). Due stanze all’interno, la prima è spaziosa e voltata mentre la seconda risulta decisamente sacrificata in virtù del numero di coperti che si è voluto inserire; d’estate è possibile mangiare anche in esterno.

Il menù è rigorosamente tradizionale con primi e secondi del territorio e poche variazioni sul tema; non manca la torta fritta con i salumi. Il servizio, fin dal primo momento, risulta troppo impositivo (non sovvertirei la consolidata formula che è l’avventore che sceglie cosa mangiare…), affrettato e approssimativo.

Partiamo con un assaggio di antipasti: discrete le cipolline in agrodolce e le mostarde di fragoline e mele cotogne; cotta bene e non troppo unta la torta fritta.

Come primo optiamo per le pappardelle al ragù d’anatra: non male la pasta (forse un po’ troppo alta), discreto il condimento. Vi aggiungiamo un assaggio di risotto al tartufo che, ci viene confidato dal proprietario Antonio Bertini, è preparato con un burro al tartufo che lo rende maggiormente cremoso: il risultato è soddisfacente.

Costine d’agnello un po’ troppo speziate e saporite e una tagliata di manzo senza infamia e senza lode, accompagnate da patate arrosto, sono la nostra scelta come secondo.

Chiudiamo con un ricco assaggio di torte varie, tra le quali ricordiamo quella pere e cioccolato.

Abbiamo bevuto un Lambrusco Gran Cru Marcello della cantina Ariola.

Il conto alla fine sarà di 35 euro a testa (non c’è un menù alla carta e quindi si ordina al buio).

Il cibo, mentre viene servito, merita rispetto.

Voto: 6

Ristorante Colibrì, via Rotoli 24, località Carbognana, Traversetolo (Parma), tel. 0521-842585


venerdì 26 novembre 2010

Eremo della gasprina














Immerso nel consueto splendido paesaggio di langa, appena sotto La Morra salendo da Alba, l’Eremo della Gasprina è un cascinale accogliente e recentemente ristrutturato. È dotato anche di camere per soggiornare e la sala da pranzo si affaccia su una incantevole vetrata dalla quale ci si immerge e perde negli sterminati vigneti sottostanti.

La cucina è a vista, l’arredamento un po’ impostato e gli spazi ancora troppo nuovi conferiscono un po’ di formalità all’ambiente, riscaldato però subito dalla calorosa accoglienza dello chef Alessandro Sampò. Con rigore piemontese ci si accomoda a tavola tutti alla stessa ora e l’apertura delle danze è data dalla solenne enunciazione del menù: sono 11 portate, un assaggio (abbondante e con possibilità di bis) di tutte.

Partiamo con una insalatina di cruderie invernali bianche (porro, sedano rapa, rapa bianca, topinambur, finocchio invidia, scarola, aceto e limone) al gorgonzola piccante e pane alle noci: ricchezza di sapori che ben si mescolano. Poi due antipasti classici di queste terre: uno straordinario vitello tonnato (fatto con l’uovo sodo!) di un colore carichissimo e dell’ottima carne cruda.

È periodo di tartufo bianco ed eccolo grattato sull’ultimo antipasto: un uovo in cocotte molto buono e di bell’aspetto.

Passiamo ai primi. Esordiamo con un risotto zucca, melanzane, crema di raschera e aceto balsamico: ottima cottura, delicata la fonduta di formaggio, piacevole il sapore della zucca. Si perdono un po’ l’aceto e la melanzana. Poi riecco il tartufo bianco ad accompagnare i tajarin, forse non tra i migliori. A chiudere i tagliolini con ragù di salsiccia onesti, ma forse un po’ troppo rossi.

Ma il meglio deve ancora venire. La coscia d’oca cotta 10 ore e coperta con il proprio grasso è di grande soddisfazione, ma superlativo è il guanciale di vitello al nebbiolo, insuperabile per tenerezza e riccamente immerso nel vino. Ottimo.

Come dolci ecco il tiramisù rivisitato con cuore morbido al cioccolato e crema di caffè e la pera madernassa cotta (una qualità cuneese particolarmente adatta alla cottura).

Il ricchissimo menù è stato accompagnato da un Nebbiolo d’Alba 2008 di Renato Ratti, dal sapore gustosamente sporco e molto ben riuscito.

Dopo tutto questo ci è sembrato più che onesto spendere 50 euro a testa (10 portate, una grattata di tartufo bianco).

Abbondanza e onestà piemontese.

Voto: 7 ½

Eremo della Gasprina, B.ta Cappallotti, 2 Fraz. S.Maria, La Morra (Cuneo), tel. 0173-50498


mercoledì 24 novembre 2010

Alla Botte

Siamo a Venezia, zona San Marco. L'osteria è un posto storico e appena fuori i calli più frequentati e turistici. La botte che le dà il nome è ben visibile all’esterno e non lascia dubbi una volta arrivati al calle giusto.

All’interno due piccole sale, con alcuni tavoli un po’ addossati all’ingresso (dove peraltro stanzionano sempre gli avventori in attesa), il bancone con l’esposizione dei cicheti e dei piatti. Il menù invece è sulla lavagna e prevalgono portate di pesce (schie – piccoli gamberetti tipici della laguna veneziana –, guancette di code di rospo, etc…).

Restiamo su grandi classici: ordiniamo un misto in saor (sarde e scampi condite con cipolle, pinoli e uvetta) con l’aggiunta di polenta arrostita e un tris di baccalà (mantecato, in umido e alla vicentina) sempre accompagnato dalla polenta.

Entrambi risulteranno pochi vivi nei sapori, mentre la polenta non aggiunge nulla ai patti.

Beviamo un Cabernet Sauvignon in caraffa della casa che non resterà nella storia.

Alla fine dovremo segnalare anche un servizio un po’ caotico (è vero che era sabato sera, però…) e un costo (43 euro per due portate) decisamente superiore alle aspettative.

Un po’ delusi.

Voto: 6

Alla Botte, San Marco, 5482 – Colle della Bissa, Venezia, tel. 041-5209775










giovedì 14 ottobre 2010

Casale Mariposa

A poca distanza dalle strade provinciali, ma sufficientemente isolato il Casale Mariposa è una novità perché ha aperto solo pochi mesi fa (anche se il proprietario gestisce un altro ristorante nel centro di Parma da più di vent’anni).

Cucina sarda: è questa la caratteristica del posto.

Il casolare, interamente ristrutturato, è di grandi dimensioni: un cortile e l’ex fienile possono ospitare numerosi tavoli all’aperto. All’interno, quella che fu la stalla ospita adesso i clienti; una vetrata all’ingresso ci mostra la cucina.

Si parte con una serie di antipasti misti: pomodoro con frue – cagliata acida di pecora –, olive verdi e nere, pomodorini secchi, melanzane, crema di pecorino, gola, pancetta, salamini, filetto di maiale (mustela), sedano con bottarga, pecorino con miele e lattuga. Ricca varietà di sapori, ma alcuni poco incisivi (pensiamo in particolare alla bottarga che, stranamente, quasi scompare e ai salumi).

Proseguiamo con i Maccarones de Busa (pasta fatta in casa) con olive nere e salsiccia condite con il pomodoro. La pasta è fatta in casa ed è discreta, ma i gusti non si mescolano (i pezzi di salsiccia sono troppo grandi) e affogano in troppo pomodoro.

Come secondo ordiniamo il Barbagia, ossia costine di agnello con timo e pecorino: la carne è buona, ma forse qui si è ecceduto con il pecorino.

Chiudiamo con un rinfrescante Sorbetto di fragole con Anghelu Ruju: il sorbetto è buono, ma il vino a fatica si riconosce.

Abbiamo bevuto un Cannonau Costera della Cantina Argiolas: buono e deciso.

Nel complesso i piatti sono discreti e il costo non è eccessivo (con quattro portate si spendono circa 40 euro), ma è totalmente disastroso l’ambiente: caotico ed estremamente rumoroso. La vastità della stanza, l’insorizzazione pessima (del resto era una stalla) e il grande quantitativo di tavoli ha reso impossibile la conversazione a tavola. E se una cena non è convivio…

Peccato.

Voto: 6+

Casale Mariposa, via nuova di Mamiano 2, Basilicanova (Parma), tel. 0521-681376


sabato 2 ottobre 2010

Giampi e Ciccio

A pochi passi da Santo Stefano e sotto gli immancabili portici bolognesi ecco l’osteria Giampi e Ciccio. Era già evidente fin dalla telefonata di prenotazione, ma anche l’accoglienza, tra sorrisi e battute, conferma il clima caloroso e informale del locale. Pochi tavoli in una sala arredata con gusto e con utensili, foto e vecchie insegne appese alle pareti.

Menù all’insegna della tradizione di Bologna con i piatti classici e immortali; il servizio è cortese e puntuale; nel cestino dei pani fa la differenza una buona crescenta (una focaccetta bassa).

Partiamo con le tagliatelle al ragù: la pasta è fatta in casa e si sente, il sugo non è memorabile. Anche i passatelli in brodo sono curati, ma si sente troppo la noce moscata che tende a spegnere gli altri sapori.

Come secondo diamo fiducia al misto petroniano con zucchine ripiene (buone), uccellini scappati (involtini di carne ripiena), polpette e piselli. Il pomodoro con il quale sono conditi è un po’ troppo invadente, ma il piatto è apprezzabile.

Chiudiamo con una deliziosa torta di mele (molto buona, bassa e ricca di fettine di mele) con crema di vaniglia. Piace anche il caffè a conclusione.

Abbiamo accompagnato con un discreto Sangiovese di Romagna, Ca’ Grande 2009, Umberto Cesari (15 euro).

Con vino, coperto, acqua e tre portate si spende sui 32-33 euro.

Non si eccelle e non ci stupisce. A tratti meglio la sala (nel senso dell’atmosfera) della cucina (nel senso del cibo). Comunque da tenere in considerazione.

Voto: 6 ½

Osteria Giampi e Ciccio, via Farini 31 b, Bologna, tel. 051-268032


lunedì 20 settembre 2010

Trattoria Le 3 Pite

Ospitata in una sala più lunga che larga di una struttura con finestre su tre dei quattro lati, la trattoria le 3 Pite nasce come frutto della passione per la cucina di tre signore proprietarie (le tre Pite, appunto).

Mulazzano è un piccolo abitato, in prima collina e dalla strategica posizione del locale si può gustare una bella vista. Gli spazi sono caldi e colorati sulle tinte del rosso: gli arredi concorrono a creare un’atmosfera piuttosto rilassata e non formale. Il servizio è puntuale e gentile e dalle finestre che si affacciano sulla strada è possibile anche intravedere il lavoro in cucina.

Nel menù si combinano piatti tradizionali (citiamo ad esempio i tortelli tra i primi) e piatti con abbinamenti di sapori inaspettati.

Per quanto riguarda i primi optiamo per questa seconda strada: ecco quindi maltagliati con cannella, salsiccia e zucca (i gusti si mescolano bene e la cannella, polverizzata in superficie, non nasconde troppo gli altri) e tagliolini zucchine, gorgonzola e pistacchi (qui forse la gorgonzola è troppo predominante).

Sui classici restiamo, invece, nella scelta del secondo: la vecchia, storico piatto parmigiano, dove la carne di cavallo cotta viene abbinata alla peperonata con carote e cipolle. Non sicuramente leggero (era inevitabile), ma gli ingredienti risultano ben amalgamanti e in bocca è possibile sentirli tutti.

Buona anche la varietà nei dolci: ordiniamo una crema catalana che si presenta molto bella d’aspetto, ma forse un po’ troppo abbondante nella quantità.

Abbiamo accompagnato con un classico Nero di Lambrusco Otello di Cantine Ceci.

Sperimentazioni non eccessive e apprezzabili. Margini di miglioramento possibili.

Voto: 6/7


Trattoria Le 3 Pite, strada Provinciale di Mulazzano 146, 43037 Lesignano de' Bagni (Parma), tel. 0521-853504

sabato 28 agosto 2010

Trattoria Leoni

Raggiungere Barbiano è sempre piuttosto piacevole: la strada sale dolcemente aprendo splendidi paesaggi collinari e un’ottima vista sulla sottostante pianura. Qui si incontra la Trattoria Leoni, istituzione ultra decennale della ristorazione collinare parmense.

Il locale accoglie calorosamente nella parte interna, più freddamente invece nella veranda estiva (un tendone bianco su terrazza in pendenza, anche un po’ rumorosa se piena): ma in estate, se si cerca il fresco, qui lo si trova.

Il servizio è esperto e il menù non si discosta dai classici del territorio.

Si parte con un assaggio di salumi misti (inconsistente la spalla, poco saporito il prosciutto, non eccelso il salame). Come primo optiamo per un bis di tortelli (patate ed erbette). Discreta la pasta, ma i sapori annegano un po’ troppo nel burro.

Altro grande classico per secondo: Coppa fresca al forno. Poco spazio al ripieno interno e un po’ troppo grasso attorno. La patate arrosto di contorno non sono male.

Come dolce optiamo per un banalissimo sorbetto al limone.

Abbiamo accompagnato il tutto con una certezza tra i rossi parmigiani: Lambrusco Otello delle Cantine Ceci.

Dall’esperienza e dalla storia di Leoni ci si può aspettare di più: i piatti scemano quasi tutti nella piattezza, non valorizzando a dovere i diversi sapori; la presentazione lascia un po’ a desiderare. Peccato.

Tradizione e territori con poca attenzione.









Voto: 6

Trattoria Leoni, via Riccò 42, 43035 Barbiano, Felino (PR)


lunedì 23 agosto 2010

Osteria del gran fritto La Buca

Una pausa durante un incontro di lavoro (un grazie a Monica) è stata l’occasione per tornare all’Osteria del gran fritto sul porto canale di Cesenatico. Il locale è sempre gradevole sui toni del blu e del bianco, tovagliette di carta e un eloquente invito a non chiedere gli spaghetti allo scoglio (a Cesenatico gli scogli non ci sono…). Il menù è scritto sulla tovaglietta (ma ci sono anche molti piatti fuori menù legati al pescato del giorno).

Considerando la situazione lavorativa è necessario restare leggeri.

Come primi proviamo due classici: Risotto alla moda di una volta (rosso, che lascia trapelare poco del pesce) e Tagliolini al ragù bianco di pesce (migliori, delicati e saporiti).

Non riusciamo però a rinunciare a qualcosa di fritto ed ecco le patate fritte: tonde e sottili, cucinate senza togliere la buccia. Gradevoli.

A conclusione rendiamo omaggio alla carta dei dolci: crema di gelato alla buccia di arancia candita e caramello (molto buona) e semifreddo al limone con salsa di frutti di bosco (un po’ troppo duro, il semifreddo).

Non possiamo certo esprimere un giudizio definitivo (vista la toccata e fuga), ma l’Osteria resta accogliente e una piccola sicurezza in zona. Il servizio è cordiale, il menù piuttosto ricco, l’atmosfera piacevole.








Sbizzarritevi di fritto (se l'occasione lo consente).


Voto: 6 ½

Osteria del gran fritto La Buca, Corso Garibaldi 41, Cesenatico (FC), tel. 0547-82474.

venerdì 16 luglio 2010

Antichi Sapori

È sempre bello essere accolti con gentilezza ed entrare in un posto accogliente e curato. E così succede agli Antichi Sapori: seppure gli interni restano più caldi e affascinanti nel loro connubio tra vecchio e nuovo, anche la veranda all’esterno è un luogo piacevole in cui mangiare durante la calura estiva. I coperti sono tanti (circa 80) ma ben distanziati e l’atmosfera è tranquilla e rilassata.

Il servizio preciso e puntuale, risulterà alla fine impeccabile. Il menù presenta un efficace connubio tra i piatti della tradizione (tortelli, punta di vitello, salumi e degustazione di Parmigiano) e alcune ricette un po’ più ricercate e stagionali.







Cominciamo con gli antipasti: lonza di maiale con capperi, taccole, carote, sedano e salsa tonnata (buoni gli ingredienti anche se forse non troppo amalgamati) e una straordinaria melanzana caramellata, con crema di parmigiano e pomodoro fresco. Quest’ultimo in formato sorbetto: una vera delizia che accompagnava in modo perfetto una melanzana resa croccante e una delicatissima crema di parmigiano.

Proseguiamo con un riso mantecato con pesto di rucola, fiori di zucca, parmigiano e pinoli: ottima la manteca tura del riso, buono il pesto, solo decorativi i fiori di zucca e i pinoli.

Poi un agnello disossato con caffè e cipollotti: carne veramente deliziosa e tenerissima, ottima la cottura e la sua salsina dove il caffè non è troppo invasivo.

Concludiamo con un paio di dolci. Una pesca sciroppata (all’anice), babà aromatizzato alle erbe e gelato al basilico dove tutti i sapori risultano decisi e particolarmente gustosi; un sorbetto di albicocca, cereali croccanti e biscotto alla panna (delicato il sorbetto che ben si affianca agli altri ingredienti).

Con tre portate (senza vino, ma tanta acqua) spendiamo 30 euro. Giusto.

Tra gentilezza e serenità con piatti dove si nota la grande qualità degli ingredienti, la cura nella presentazione e la ricerca nel rileggere abbinamenti, metodi di cottura e di degustazione.

Voto: 8

Antichi Sapori, Gaione (Parma), via Montanara 318, tel. 0521-648165.

sabato 3 luglio 2010

Antico Ristorante Lo Sprocco

Come ci rimarreste se, dopo aver consultato un buon menù ed aver scelto cosa vorreste mangiare, il cameriere vi informasse che metà di ciò che è scritto non c’è, compreso ovviamente ciò che si era scelto?

Male, immagino. Così è andata al ristorante “Lo Sprocco”. Peccato, perché i piatti presenti (ma solo apparentemente) nella lista erano parecchio invitanti e anche il locale accoglie in modo gradevole. Auguriamo maggiore fortuna ai prossimi avventori.

L’ambiente è semplice, piacevoli i tavolini lungo il borgo. Nel menù figurano piatti molto invernali (cinghiale compreso) in cui regna la carne e poco spazio è lasciato al mare.

Principiamo con tortelli al ragù di carne e tagliatelle alle melanzane. Per entrambi i piatti la pasta è fatta in casa e di buona fattura: sottile quella delle tagliatelle, spessa quella ripiena. Il sugo delle tagliatelle è arricchito da una buona dose di cipolle e da blocchetti di scamorza che rafforzano il gusto. I tortelli si presentano con un ripieno (molto abbondante) che comprende verdure, carne e forse anche del salume e un ragù di carne potenziato da tanto formaggio grattugiato e scamorza. Poco estivi, ma discreti.

Di secondo non ci resta che il baccalà alla livornese con polenta arrostita. Quest’ultima risulta piuttosto insapore, mentre il baccalà non si riconosce nel troppo pomodoro che lo condisce (a volte anche esageratamente piccante).

Nella norma le patate arrosto di accompagnamento.

Alla fine il conto risulta onesto: 25 euro per due portate, contorno, acqua e caffè.

Dimezzato. Nel menù e nel risultato finale.

Voto: 6

Antico Ristorante “Lo Sprocco”, via Barsanti 22/24, Pietrasanta (Lucca), tel. 0584-70793